venerdì 20 luglio 2012

I always saw better when my eyes were closed.

Quando sono troppo felice ho paura.
Come in quei film in cui il protagonista sa che qualcosa nella sua vita sta cambiando, riesce a sentirlo, lo avvolge...e nel pieno della sua ebbrezza, a metà film, muore. E poi lì, tutti gli amici, a compiangerlo, a dire quanto era magnifico e a quanti ora mancherà.
La mia felicità mi ricorda proprio la piena consapevolezza che le persone hanno della loro vita e quell'attimo in cui tutto ci appare chiaro e distinto, che precede la fine dei nostri giorni.
La mia felicità è pienezza, e il Pieno mi fa paura. Mi fa credere che in fondo così tutto va bene, è tutto parte di me, io mi sento parte del tutto...e così sarà per sempre.
Anche il Per Sempre mi spaventa. Mi spaventa l'eternità, il pensiero che niente cambierà. Il credere che il tempo si sia fermato in una dimensione parallela e che tutti i ricordi siano istantanee, ed io, da sola, cerco di farmi spazio tra le immagini di un passato che ancora fatico a mettere da parte, ad allontanarle completamente da me.
Mi fa paura il pensiero che un giorno potrei non avere più ricordi e non distinguere più i volti delle persone, mi spaventa il pensiero che un giorno potrei dimenticare completamente il mio passato, la mia vita.
Mi spaventano gli schemi, la catalogazione. Le forme fisse di pensiero che non cambiano mai: tutti ne hanno, chi più...chi più. Quando davanti a me vedo solo una massa di occhi ciechi ed orecchie sorde.
La felicità mi spaventa...mi spaventa perché mi sento completa. E questo mi rende immobile di fronte allo splendido ritratto del mondo. Mi asciuga la bocca e mi fa battere il cuore. Ma di questa felicità, in fondo, ci morirei...anche qualche volta in più.

Contributo visivo:  "Explorer pointing the way", Brett Masters,1991

giovedì 27 gennaio 2011

Assenza gravitazionale

Risveglio: h 16:15.
Come se ci fosse un grande magnete sotterraneo che attira i corpi sul suolo terrestre.S ento gli arti pesanti, non riesco a tenerli fermi o in equilibrio. Sento che vengono spinti a terra. Bella performance.
No, davvero. Potrei affondare la mia faccia sotto la sabbia, sotto la terra sotto l'acqua...ne sarei felice. Non certo per un senso di vergogna, consapevolezza acquisita nel tempo, ma per un bisogno di contatto con la stessa materia di cui sono composta. Acqua, terra, fuoco e aria. Non riuscivo a crederci all'inizio, cioè non mi sembrava così "rivoluzionaria" come nozione: acqua = mente; fuoco= sangue; terra= corpo; aria= emozioni. Il mio sguardo non riesce più a mettere bene a fuoco ciò che guarda e ora, se osservo le mie braccia le vedo quasi in trasparenza, riesco a sentire il fuoco che brucia, la terra che rinforza; la mente...mare in tempesta. Mare grigio, pacato, vuoto di ogni specie marina, pioggia. Il contatto con l'acqua si è rivelato più forte di quanto non credessi.

domenica 21 novembre 2010

Guardami guardarti

Ti sei fermata, che stupida. Hai guardato appena oltre il tuo naso e ti sei accorta che tutto ciò che volevi scrollarti di dosso, sta tornando indietro come un boomerang. Sei solo il centro di orbite gravitazionali perenni che si lasciano percorrere da ciò che credevi non ti appartenesse più. Sei un'ingrata: credevi fosse facile ripagare a quello che ho fatto per te, credevi fosse addirittura giusto voltarmi le spalle dopo tanto tempo. E invece guardati un po' intorno. Cosa ti è rimasto? Che c'è, vuoi forse dirmi che ti ha fatto bene stare senza di me seppur per poco tempo? Dimmi la verità: tutte le volte che hai avuto bisogno di me, non sono forse stato sempre lì con te? Credevi che i surrogati di cui ti sei circondata avrebbero compensato a tutto il vuoto che una mia definitiva scomparsa ti avrebbe lasciata? Ti sei fermata, finalmente. Ora riesci a sentire ancora la mia voce e ti chiedi il perché. Adesso riesco a parlarti, a sfiorarti gli organi, a contare i battiti del tuo cuore marcio. Lo senti il soffio leggero della mia anima che rigenera le ferite che continuavano a sanguinare? Sono sempre stato con te, dentro di te, non ti ho mai lasciata da sola. Conosco bene le tue debolezze, i tuoi inganni, le tue paure, i tuoi spasmi e le tue vergogne. Hai finalmente capito che anche tu sei un inutile surrogato, una compensazione momentanea, una sensazione alienante: ti mangiano, ti bevono e vanno via senza pagare. Certo torneranno, chi non lo farebbe. Ma non correre, non lasciare che il vento trascini via la mia voce. Io sono dentro di te e tu non puoi liberarti di me.
Fin quando albergherò nel tuo corpo non dovrai più temere nulla.
Ti sei fermata. Senti la mia voce, senti i tuoi pensieri. Lasciati accarezzare dentro e donati a me ancora. Abbandonati e torna da me. Io sono sempre stato qui per te, ti ho osservata sai? Ti guardavo sorridere, ti sentivo stretta, sentivo che il tuo corpo mi stava rifiutando, si stringeva e cercava di espellermi. Ho creduto allora che il mio compito fosse terminato. Ma tu sei tornata da me. E io non posso fare a meno di te.

Contributo visivo: "Connections" di Piercarlo Carelle, 2006